Patti di Saretto
I Patti di Saretto furono stretti tra il Movimento di Liberazione italiano e la Resistenza francese.
Il 30-31 maggio 1944 Dante Livio Bianco, commissario politico della I Brigata “Giustizia e Libertà” e delegato del Comitato di Liberazione Nazionale del Piemonte, insieme a Maurice Juvenal, Capo della 2^ Regione delle Forze Francesi dell'Interno“, a seguito di cordiali conversazioni e in un quadro di mutua comprensione” proclamarono l'unitarietà dei loro obiettivi politici
A nome dei rispettivi movimenti, i firmatari del documento (redatto in francese) dichiararono che:
“Tra i popoli francese e italiano non vi è alcuna ragione di risentimento e di urto per il recente passato politico e militare, che impegna la responsabilità dei rispettivi governi e non quella dei popoli stessi, tutti e due vittime di regimi di oppressione e di corruzione; affermano la piena solidarietà e fraternità franco-italiana nella lotta contro il fascismo e il nazismo e contro le forze della reazione, come necessaria fase preliminare per l'instaurazione delle libertà democratiche e della giustizia sociale, in una libera comunità europea; (…) si accordano per impegnare le forze delle rispettive organizzazioni per il conseguimento dei fini suddetti, in uno spirito di piena intesa e su un piano di ricostruzione europea”.
I patti, sottoscritti nel borgo del Cuneense, sono stati ricordati nel loro settantesimo anniversario dall'Italia postale con un Annullo speciale .
Lapide degli emigranti alla base del Col Sautron
DOCUMENTI
-
Cahiers de la Méditerranée - I "patti" di Saretto 31 maggio 1944 ed i loro riflessi militari - Aldo Alessandro Mola
- http://www.persee.fr/doc/camed_0395-9317_1996_num_52_1_1159
-
I “PATTI DI SARETTO” (30-31 MAGGIO 1944) Il contributo cuneese alla costruzione dell'Europa democratica
di Aldo A. Mola - Prefazione di Gianna Gancia, Presidente della Provincia di Cuneo.
I disegni, il simbolo dell’annullo filatelico e la locandina del 70° anniversario dei patti nel 2014, sono stati disegnati da Giorgio Arrigoni, un artista lecchese nipote degli allora albergatori di Saretto che ospitarono i partigiani di Dante Livio Bianco e Maurice Juvenal dei francesi (con grande pericolo perché ad Acceglio i nazisti ed i fascisti occupavano già la sede comunale).
Giorgio e sua sorella Marta Arrigoni hanno sempre mantenuto vivo questo capitolo di storia e meritano un ricordo
(nella foto si possono vedere da destra, il Prof. Aldo Alessandro Mola e Marta Arrigoni al centro, sulla porta della casa (allora Osteria) dove i Patti furono siglati).
I patti di Saretto, l’antifascismo tra i monti della Val Maira
Il 31 maggio 1944, a Saretto di Acceglio (Cn), si svolse un cruciale incontro tra la resistenza italiana e francese. L’incontro tra italiani e francesi fu organizzato per firmare gli accordi che sancivano rapporti di solidarietà, intesa, collaborazione e lotta contro la dominazione nazifascista. Queste intese rivestirono un importante valore storico, rappresentando la comunanza politica tra i due movimenti in lotta, il reciproco desiderio di stabilire relazioni e ricercare collaborazioni di tipo militare. All’appuntamento si giunse grazie alle relazioni politiche avviate da Costanzo Picco, sottotenente della IV armata rimasto in territorio francese dopo lo sbandamento dell’8 settembre 1943, che stabilì i contatti fra la resistenza francese e italiana tramite Detto Dalmastro, comandante del III settore del Comitato di Liberazione Nazionale. Un primo incontro avvenne il 12 maggio 1944 in alta montagna, al bivacco sul Colle Sautron, per iniziativa della Brigata “Giustizia e Libertà della Valle Maira”, al quale presero parte in rappresentanza dei partigiani italiani Detto Dalmastro, Costanzo Picco, Luigi Ventre — comandante della brigata Valle Maira — e Giorgio Bocca, comandante della brigata Valle Varaita. I francesi erano rappresentati da Jacques Lecuyer, del Comité de Libération National, e da diversi comandanti delle formazioni di maquisards. Al Colle del Sautron ci si accordò per un secondo incontro da tenersi a Barcelonnette, nella valle dell’Ubaye, a una trentina di chilometri dal confine italiano. Al rendez vous del 20 maggio presenziarono Duccio Galimberti, Detto Dalmastro e Giorgio Bocca. L’occasione servì a concordare l’intensificazione dei collegamenti tra le formazioni partigiane dei due versanti del confine, scambiandosi armi, munizioni e due ufficiali che si sarebbero stabiliti presso i rispettivi comandi per concordare azioni comuni: Costanzo Picco e Jean Lippmann. Si giunse così all’incontro decisivo, fissato per il 30 e 31 maggio, per sancire gli accordi anche sul versante italiano con l’arrivo dei maquis francesi attraverso il Colle delle Munie; inizialmente l’intesa doveva essere firmata ad Acceglio, dove si erano ritrovate le due delegazioni passando la notte in paese, ma un improvviso rastrellamento tedesco nella mattinata del 31 costrinse i partigiani a riparare più a monte, nella borgata di Saretto. Parteciparono all’incontro i partigiani Dante Livio Bianco, Ezio Aceto e Luigi Ventre, mentre i francesi vennero rappresentati dal comandante Max Juvenal (Maxence) e dal suo vice Maurice Plantier. L’importanza degli accordi si distingue per il valore dell’enunciazione di una solidarietà tra i popoli oppressi, la volontà di cooperare per la sconfitta del nazifascismo e la costruzione di una nuova Europa democratica e libera da guerre fratricide. Dal punto di vista politico si riconobbe che non vi era ragione di risentimento fra i popoli italiano e francese per le passate vicende belliche in quanto la responsabilità risaliva ai rispettivi governi e non ai popoli; dal punto di vista militare i Patti di Saretto, preso atto della fratellanza fra i combattenti dei due movimenti partigiani, evidenziò la necessità di unire le forze nella lotta contro i nazisti nella fascia alpina, stabilendo contatti continui per creare obiettivi comuni nelle azioni di guerriglia. Il testo, coinciso e denso di significati, rappresentò una delle dichiarazioni più rilevanti della Resistenza europea, di fondamentale importanza nei rapporti tra Italia e Francia dopo la fine della guerra. Leggerlo aiuta a comprenderne il rilievo storico:“Dando seguito a cordiali conversazioni avvenute in un quadro di mutua comprensione; esprimono, a nome delle organizzazioni che rappresentano, la soddisfazione per una ritrovata base comune di intesa; dichiarano che tra i popoli francese e italiano non vi è alcuna ragione di risentimento e di urto per il recente passato politico e militare, che impegna la responsabilità dei rispettivi governi e non quella dei popoli stessi, tutti e due vittime di regimi di oppressione e di corruzione; affermano la piena solidarietà e fraternità franco — italiana nella lotta contro il fascismo e il nazismo e contro le forze della reazione, come necessaria fase preliminare per l’instaurazione delle libertà democratiche e della giustizia sociale, in una libera comunità europea; riconoscono che anche per l’Italia, così come in Francia, la forma migliore di governo per assicurare il sostegno alle libertà democratiche e la giustizia sociale, è quella repubblicana; si accordano per impegnare le forze delle rispettive organizzazioni per il conseguimento dei fini suddetti, in uno spirito di piena intesa e su un piano di ricostruzione europea”. Poche righe dove riecheggia potente lo spirito del “Manifesto di Ventotène” (originalmente intitolato “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”), uno dei testi fondanti dell’Unione Europea, redatto dagli antifascisti Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941 durante il confino sull’isola di Ventotene, nel mar Tirreno. In quelle indimenticabili giornate passate sui monti fra l’alta Valle Maira e la Val d’Ubaye, sprofondando nella neve, combattendo contro il gelo e attraversando di nascosto le postazioni tedesche a presidio delle terre di confine, si consolidò tra quegli uomini l’ideale di un’Europa dei popoli come traguardo della lotta di Resistenza e di liberazione. Il loro pensiero si rivelò così audace che quanto scrissero nei Patti di Saretto venne criticato dai comandi italiani, poiché i concetti espressi andavano ben oltre i confini dell’idea monarchica ponendo le basi per una fase preliminare di costituzione delle libertà democratiche e della giustizia sociale in una comunità europea libera.
Francobollo commemorativo del Centenario della nascita di Duccio Galimberti"
Questo ricordo dedicato a Marta Arrigoni, è stato curato da Demetrio Zema. Ci viene gentilmente concessa l’opportunità di riproporlo qui, nella scheda dedicata ai Patti di Saretto, grazie anche al Museo Mallé di Dronero e a quella iniziativa denominata “Il cammeo” che fa parte della serie “Piccole e grandi storie al femminile in Val Maira e dintorni”, messa in campo dalla curatrice sig.ra Ivana Mulatero, che segnala importanti figure femminili da riportare alla memoria.
NEL 79° DEI “PATTI DI SARETTO” DEL 30-31 MAGGIO 1944
Ai “Patti di Saretto” parteciparono da parte italiana Dante Livio Bianco quale commissario politico del secondo settore e rappresentante del CLN piemontese, Ezio Aceto comandante dello stesso settore nonché Luigi Ventre rappresentante del terzo settore; per parte francese erano presenti Max Juvénal, comandante politico e militare della seconda regione francese, il suo vice Maurice Plantier e il Capitano Jean Lippmann (nome di battaglia Lorrain), delegato della R2 in Piemonte e fra l'altro, l'unico presente con le delegazioni francesi e piemontesi ai 3 incontri dei giorni 12, 22 e 31 maggio 1944.
A conclusione di quei colloqui fu stilato un documento, noto come "Patti di Saretto", nei quali oltre ad evidenziarsi un elemento di solidarietà tra i popoli francese e italiano nella lotta contro il nazifascismo, veniva messo in risalto il carattere politico di prospettiva.
Il venerdì 11 agosto 2023 alle ore 15.30, in Borgo Saretto n. 32, già Trattoria locanda di Saretto si è tenuto un incontro sui “Patti di Saretto”, l’evento storico che ha segnato la Valle Maira e al quale Marta Arrigoni ha dedicato un laborioso lavoro pluridecennale che si è concretizzato in una pubblicazione offerta al servizio della memoria collettiva in generale e della Valle Maira in particolare.
Il pomeriggio ha visto l’afflusso di un discreto numero di persone, desiderose non solo di apprendere qualche notizia riguardante i “Patti di Saretto” ma anche di testimoniare a Marta la riconoscenza per il prezioso lavoro di scavo e recupero da lei svolto.
Tra i partecipanti vogliamo ricordare una delegazione francese guidata da Mme Michèle Einaudi; Silverio Bossa del Gruppo ANA Dronero, Battaglione di Dronero, accompagnato da altri due componenti della sezione dronerese; per la Fondazione Acceglio sono stati presenti Gianmarco Baralis, Gianluca Seimandi e Agostino Forte.
Il piccolo convivio non è stato solo occasione dell’ascolto riguardante lo storico incontro del maggio 1944, ha potuto anche fare tesoro dell’opportunità di rivolgere domande dirette a Marta Arrigoni. La presenza di Silverio Bossa ha dato modo di svolgere una serie di riflessioni più generali riguardanti anche la rappresentanza partigiana sia nel territorio mairano che in quelli contigui.
Dalla giornata ci sembra essere emersa una considerazione che riteniamo sia una fra le tracce più significative di quell’evento: l’incontro fra partigiani piemontesi e maquisards francesi, oltre a rimarcare la valenza generosa dello slancio ideale messo in campo a contrastare quelle realtà oppressive incarnate dalle forze fasciste e naziste, sottolineava altresì quanto fosse forte il desiderio e la volontà di saper e dover agire al di fuori di rappresentanze politico-diplomatiche “autorizzate”, venendo così a costituire l’emblema di una nuova e profonda esigenza di ridisegnare un nuovo mondo, tentando la via della costruzione spontanea e di fatto di una rappresentanza con capacità progettuale e di autodeterminazione. Lo esprimono bene le parole di Max Juvénal nel corso di una ricorrenza storica quando afferma che « senza conoscerci e nel bel mezzo della lotta, senza direttiva, né aiuto dei nostri governi, avevamo deciso di rinnovare, in quella stessa lotta contro un nemico comune, i legami di amicizia che altri avevano voluto rompere ».
Ecco, per tutti noi, una lezione importante; una direttiva che ci sprona a far tesoro della ricchezza derivante dal perseguire intenti verso un progresso volto al bene comune e al riscatto dall’ingiustizia.
Sarebbero ancora tanti gli elementi da porre in evidenza, per esempio il manifestarsi di un piccolo seme, testimone della progettazione di una Europa che di lì a qualche decennio avrebbe presentato il germoglio. « Sulle montagne e nelle valli del Cuneese, era un lembo della nuova Europa che emergeva dalle torbide acque dell'oppressione nazifascista », così Dante Livio Bianco, da una citazione del suo Guerra Partigiana (1954). Certo, in queste parole si descriveva l’Europa-soggetto dei Diritti e della Libertà, l’Europa-soggetto che si voleva riscattare, l’Europa-soggetto che voleva voltare pagina e però anche un’Europa-progetto che iniziava ad essere pensata e vissuta anticipatamente, altra, diversa, concorde e unita. Unita, appunto.